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Comunicato della mostra : Simon Haddock |
Stuart Chubb - We’re In Construction!
We’re In Construction! è il progetto installativo
site-specific che Simon Haddock e Stuart Chubb hanno realizzato
per il loro primo solo-show italiano alla galleria Glenda
Cinquegrana The Studio.
Il titolo WE're in construction!
che Haddock&Chubb hanno scelto per il loro primo progetto
italiano allude programmaticamente ad un atto di costruzione che,
nel caso specifico dei due artisti – l'uno pittore e l'altro
scultore – è il frutto dell'esperienza accumulata nella
progettazione degli allestimenti delle principali mostre
temporanee delle istituzioni museali e gallerie londinesi.
I
lavori ambientali che compongono la mostra sono, infatti,
integralmente realizzati con i pannelli che solitamente si
utilizzano come supporto nelle mostre blockbuster: le opere
costituiscono il libero ripensamento dei materiali di scarto di
quelle istituzioni - dalla Tate Modern alla Serpentine.
Le
installazioni che i due artisti hanno concepito per WE're in
construction! sono il frutto della libera giustapposizione di
materiali di recupero: lo scenario illusorio che scaturisce dalla
sovrapposizione dei pannelli costituisce lo specchio ideale su
cui si dispiega una pittura che acquisisce una dimensione di tipo
spaziale, architettonico.
Addentrandosi nell’ambiente
creato da Haddock e Chubb, si intuisce che entrare in un disegno
sarebbe proprio così. Camminare sui pannelli di MDF
schizzati e scheggiati, sentirne il crepitio a ogni passo e
continuare a camminare, significa avvilupparsi in un mondo a
scale di grigio, fatto di polpa e pigmento (Isabel De
Vasconcellos).
Il lavoro di Haddock&Chubb fa esplicito
riferimento allo spazialismo da Kline a Fontana: esso non solo ne
utilizza scientemente la grammatica pittorica della gestualità,
ma ne propone una rilettura secondo un’originale concezione
post-moderna.
Il segno pittorico che si trova a monte
della ricerca risolve brillantemente la sottile relazione
dialettica che intercorre fra la superficie bidimensionale del
disegno e quella tridimensionale dello spazio della galleria,
acquistando una nuova dimensione in senso geometrico, che
è coerentemente architettura. Il disegno, quando sfugge
alle normali logiche di incarcerazione proprie del quadro, segue
un’ottica di febbrile ripensamento dello spazio, e lo investe
nella sua completezza, a partire dal pavimento fino alle
pareti.
La poetica che è alla base del lavoro di
Haddock&Chubb, mette in questione diverse problematiche
relative alla dimensione stessa del fare arte.
Innanzitutto,
i due artisti, attraverso l'atto deliberato di collocare al
centro della mostra ciò che generalmente si nasconde sul
fondo, mettono implicitamente in dubbio il metodo di produzione
del valore proprio dell'arte contemporanea, alla luce del nuovo
tipo di spettacolarità proposto dai mezzi di
comunicazione. La domanda posta dai due artisti è: che
cosa si deve mostrare e cosa si deve nascondere? E’ più
importante ciò che si rappresenta o quello che resta alle
spalle della rappresentazione?
Inoltre, attraverso la
creazione di un'opera site-specific realizzata con un originale
materiale di recupero, essi riflettono anche una concezione
dell'installazione che, a partire dal concetto tradizionale di
ready-made, si svolge alla luce di una visione
ecosostenibile.
Qual è il potenziale del ritaglio,
del frammento scartato? È possibile immaginare per lui un
nuovo posto, rendere necessario l’inutile? (…) Attraverso il
processo di questa nuova costruzione, l’involontarietà
(il taglio, lo schizzo, la fessura) può farsi finalità,
e scampoli provenienti dai puzzle di altre mostre, altre
gallerie, possono trovare il proprio posto, insieme altrove
(Isabel De Vasconcellos).
Il ripensamento dello spazio
alla luce di una pittura intesa secondo una dimensione globale,
determina le condizioni per sperimentare nuove forme di
fruizione: Haddock&Chubb si pongono in veste di scienziati,
intenti ad osservare il visitatore nell'atto di entrare in
un'architettura che vibra dell'animazione della pittura, e a
registrarne le emozioni.
I titoli delle opere, infine,
alludono ad un gioco di costruzione mai fine a sé stesso,
ma al contrario funzionale ad un ironico atto di decostruzione
dei miti della storia dell'arte e della cultura moderna.
Haddock&Chubb sfiorano, con un tono che mescola sapientemente
ironia e dissacrazione, ingenuità e poesia, le matrici
della cultura classica (Minotaur), l'apologia del Costruttivismo
fiero di sé da Tatlin a Malevič (This is modernism!),
sino all'evasione propria della cultura post-moderna
(Wave).
Simon Haddock (Londra, 1970), completa la sua
educazione artistica presso il Royal Academy di Londra.
Personali_Principali: Vertigo Gallery, London (2005, 2004);
Paton Gallery (2002, 2000); Zwemmer Gallery London (2001, 2000).
Collettive_principali: Standpoint Gallery, Londra (2008).
Stuart Chubb (Great Yarmouth, Norfolk, 1970) collabora
dal diversi importanti artisti inglesi (Thomas Demand,
Elmgreen&Dragset, Ilya e Emilia Kabakov, Rirkrit Tiravanija,
Anthony Gormley) per la realizzazione di progetti installlativi.
Personali_Principali, Thermophile. The Pump House, London. 2002,
Spectator Still. Wirksworth Art Festival (2001), Ground to Air
(1999). Collettive_principali: Standpoint Gallery, Londra (2008).
Simon Haddock&Stuart Chubb si incontrano al college
di Bristol nel 1994, dove iniziano a sviluppare un approccio
critico alle tradizionali nozioni di pittura e scultura. Nel 2007
danno vita al progetto WE're in construction, frutto dei loro
percorsi artistici individuali.
Opening mercoledì
18 giugno 2008 ore 19.00
Da giovedì 19 giugno al 10
settembre 2008
The Studio Glenda Cinquegrana Via
Francesco Sforza
49 Milano info@glendacinquegrana.com http://www.glendacinquegrana.com/
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